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lunedì 21 settembre 2020

RIPRENDE IL LABORATORIO DI LINGUA CON LE DONNE!

IDILIA, “Incontri per Donne immigrate di Lingua Italiana e Alfabetizzazione”, il nostro corso di italiano gratuito per donne migranti, riparte lunedì 21 settembre sempre con due classi, una di livello pre-A1 e una livello A1 con gruppi di circa 10/12 donne migranti, con alcuni nuovi arrivi. Gli orari saranno organizzati diversamente dallo scorso inverno, in maniera da avere gruppi meno numerosi e il più possibile stabili, nel rispetto delle norme di contenimento del Covid19, e saranno così strutturati:

- gruppo pre- A1 martedì e giovedì 9.30-12.30, con le facilitatrici Rachele e Francesca

- gruppo A1 lunedì e mercoledì 9.30-12.30 con Gemma e Chiara

Riprende anche il servizio gratuito di baby sitting per le mamme che frequentano il corso.

Negli scorsi mesi il corso era continuato in modalità a distanza, mantenendo il contatto con le donne attraverso chat, video, esercizi.

sabato 19 settembre 2020

GIORNATA DELL’ACCOGLIENZA AL MERCATO IN TRANSIZIONE

GIOVEDÌ 24 SETTEMBRE IN PIAZZA XIV MARTIRI A PONTASSIEVE

       GIORNATA DELL’ACCOGLIENZA AL MERCATO IN TRANSIZIONE


Saranno presenti esponenti della rete toscana ANG, Accoglienza Non Governativa una rete di associazioni toscane no profit che operano da anni nell’accoglienza e nel supporto a diverso tipi di marginalità sociali.

Obiettivo dell’evento è far conoscere i diversi progetti sostenuti dalla Regione Toscana e le loro ricadute sul territorio, attraverso lo scambio diretto tra le persone.

Oltre al tavolo informativo di ANG saranno presenti anche altre tre realtà sociali del territorio:

Ø  il *Comitato in Bianco e Nero*, con alcune creazioni sartoriali realizzate con stoffe africane, i cui proventi saranno interamente devoluti alla Missione del Distretto Sanitario di Nhacra Teda, Guinea Bissau;

Ø  *Kirikuci*, un collettivo di persone provenienti da ogni parte del mondo, accomunate dalla passione per la sartoria, dalla voglia di creare insieme e di costruire alternative economiche sostenibili;

Ø  L'associazione *Tessere Culture*, che si occupa di intercultura e facilitazione dell'italiano come lingua seconda, promuovendo corsi per adulti migranti e laboratori di vario genere per giovani e bambini nelle scuole.

dalle 17 ci sarà l’evento musicale con la voce di Youssouf Traorè (Costa d’Avorio). 

L’accesso è libero e gratuito, stando attenti a mantenere il distanziamento fisico e l’uso di mascherine quando necessario per ottemperare in sicurezza alle norme vigenti.

Vi aspettiamo in Piazza! 

sabato 15 febbraio 2020

LA FESTA DELL'AmmmORE!!!

Alcune foto della bellissima festa del 14 febbraio. 
Ringraziamo amici e soci vecchi e nuovi, le donne migranti che hanno iniziato questa settimana il laboratorio "Idilia" di italiano, Valentino e Letizia del "Duo Bislacco" per lo spettacolo di cabaret semiserio.
Una festa con persone di tante età e nazionalità, buon cibo condiviso e buona musica.






lunedì 3 febbraio 2020

Nuovi appuntamenti in provincia di Firenze

Segnaliamo questi interessanti appuntamenti/eventi:

Carnevale dell'accoglienza a Greve in Chianti
 
UTOPI E RIFORME Mostra storico-iconografica a Pontassieve
 
CINELANDIA 2020 a Pontassieve
 
CinemAnemico a Settignano: la nuova rassegna "In ordine Sparso"
il programma sul sito: http://www.cinemanemico.net/
 
 
 
 
 

lunedì 27 gennaio 2020

FESTA DELL'AmmmORE!


14 febbraio 2020 un San Valentino insolito
per presentarci e raccontarvi i nostri progetti
dalle ore 19:30 APERIMUSICA
A seguire Cabaret semiserio col DUO BISLACCO
al Circolo Primo Maggio via Mascagni 39 Sieci (Pontassieve)



sabato 4 gennaio 2020

CORSO GRATUITO DI ITALIANO PER DONNE MIGRANTI

AL VIA IL PROGETTO IDILIA
Incontri per Donne immigrate di Lingua Italiana e Alfabetizzazione





Il progetto prevede la creazione di percorsi gratuiti di apprendimento della lingua italiana rivolto alle donne migranti del territorio della Valdisieve, mediato da un confronto con specifiche figure professionali. I corsi di italiano L2 saranno integrati da incontri con esperti che avranno l'obiettivo di creare occasioni di riflessione e scambio tra le partecipanti e i professionisti, incrementare la conoscenza e il dialogo con le istituzioni del territorio, in un continuo scambio tra culture orientato a una valorizzazione delle differenze. Il progetto è finanziato dalla FONDAZIONE CARLO MARCHI, con il bando 2019 https://www.fondazionemarchi.org/vincitori-bando-2019/

La proposta risponde a esigenze pratiche e reali riscontrate sul territorio a seguito di incontri con esperti e testimoni privilegiati. La lunga esperienza dell'Associazione nel settore dell'accoglienza e dell’insegnamento dell’italiano come lingua seconda nelle scuole del territorio ci ha fatto riflettere sulla necessità di un percorso specifico rivolto in particolare alle madri e alle donne in quanto ponte tra la famiglia e il territorio, centrali nella gestione e nella cura dei figli; al contempo sono figure svantaggiate perché spesso con minori possibilità rispetto all'uomo di interagire con il contesto territoriale, meno tempo e possibilità di frequentare corsi di lingua, anche perché molti di questi sono in orario serale.
Attività previste
- A partire dal mese di febbraio saranno attivati due corsi di italiano L2, tenuti da insegnanti certificati per italiano come lingua straniera, per venire incontro ai differenti livelli delle utenti del percorso. Due corsi di 6 ore a settimana con pause relative al calendario scolastico ufficiale della regione Toscana. I corsi si svolgeranno nel Comune di Pontassieve, in parte in locali della Biblioteca Comunale, in parte  in locali in affitto. Gli incontri si svolgeranno tendenzialmente in orario mattutino, in sinergia con il Cpia di Pontassieve, e si baseranno sulle esigenze delle apprendenti e sulle disponibilità degli spazi.
Il livello iniziale delle utenti verrà valutato attraverso un test di ingresso con  la suddivisione in due percorsi differenziati:
EVENTUALE PERCORSO ALFA (per produzione scritta): MASSIMO 10 APPRENDENTI.
EVENTUALE PERCORSO A1: MASSIMO 15 APPRENDENTI.
EVENTUALE PERCORSO A2: MASSIMO 15 APPRENDENTI.
- I corsi di italiano dove necessario saranno supportati da un servizio di baby-sitting, in una stanza attigua, per permettere la partecipazione alle mamme che non hanno possibilità di lasciare i bambini che ancora non frequentano l'asilo.
- Da Aprile avranno inizio gli incontri con professionisti delle varie aree. Gli incontri avranno una durata di 2 ore ciascuno, saranno sempre affiancati da una facilitatrice/facilitatore e, dove necessario, da una mediatrice/tore:
· 6 Incontri di supporto alla genitorialità. Interventi di gruppo di tipo esperienziale basati sul confronto su tematiche inerenti la genitorialità. Attraverso l'utilizzo di linguaggi differenti (orale, immagini, ecc...) si intende sviluppare una riflessione sul modello agito nell'educazione dei figli con riferimento alle diverse identità culturali. Incontri quindicinali di gruppo guidati da una psicologa clinica.
· 4 Incontri dieducazione alla cittadinanza” tenuti da un operatore dell’associazione, comprendenti una visita a vari uffici pubblici di interesse.
· 3 Incontri con esperti dell’area scolastica (dirigente, personale amministrativo e insegnante di sostegno), cercando anche di coinvolgere i rappresentanti dei genitori, in modo da facilitare le madri nell'accompagnamento del percorso scolastico dei propri figli.
· 2 Incontri con un pediatra e con un medico di base, impostati sugli strumenti per seguire la salute e la cura del bambino e della famiglia, più una visita al distretto sanitario.
· 6 Incontri con ostetrica e/o ginecologa rivolti alla salute della donna, comprendenti visita del consultorio.
· 5 Incontri con l’affiancamento di un esperto di informatica, per un’alfabetizzazione tecnologica minima (uso basilare del computer e della mail, utili anche per compilare la modulistica on-line, per le comunicazioni scuola-famiglia e l’utilizzazione del registro elettronico)


Partner del Progetto
Comune di Pontassieve (con particolare riferimento a settore cultura, giovani, sviluppo educativo e biblioteca);
CPIA 2 Firenze (Centro Provinciale Istruzione Adulti);
Arci Comitato Regionale Toscano (gestore del SIPROIMI di Pontassieve);
Associazione AntigonArt;
Associazione Elle Due Mugello.


venerdì 6 dicembre 2019

PANE


di Arianna Egle Ventre

Ho comprato il detersivo, quello costoso, ma comunque non va via. Ho comprato anche la spugna adatta, ma quella maledetta pentola non si vuole scrostare. Nell'acqua nera galleggiano pezzetti di bruciato, per quanto continui a grattare, nulla da fare. La radio mi fa da sottofondo. E' da giorni che dicono sempre le stesse cose, ma non so perché ora i pezzetti di riso bruciato mi ricordano proprio questi immigrati di cui parla tanto la radio. Di questa nave..
Mio marito dice che non devo ascoltare informazioni alla radio, buona soltanto a farli apparire come poveri martiri. Dice che gli sta bene, stanno a non venire qua.
Domani devo comprare il pane, quello di ieri è secco.

Oggi sono andata dal fornaio e c'era uno come loro, nero, che mi guardava con occhi proprio da povero martire; mi ha chiesto dei soldi, ma io non gliel'ho dati. Domani, forse.

Devo tornare a comprare il pane. Prima però devo spazzare e preparare il pranzo a mio marito che sennò si offende e dice che si va a cercare una donna più bella. Beh, si, scherza, però io intanto questa pasta gliela cucino. La radio racconta ancora di loro ed è strano perché ci sto pensando tanto in questi giorni. C'era della polvere sotto le sedie e ho pensato - proprio come quei migranti là, è lì da giorni e non me ne ero accorta.

Devo andare a prendere il pane. Ieri gli ho lasciato un euro al ragazzo del forno, ma non l'ho detto a mio marito, si sarebbe arrabbiato. Mi ha ringraziato, aveva proprio un bel sorriso.

Oggi ci ho parlato, si chiama Angel, non so bene come si pronunci. Mi ha sorriso di nuovo, ma ho paura che qualcuno mi veda mentre gli parlo e pensi qualcosa di strano. Continuo a bruciare un sacco di cose in cucina, non mi era mai successo, deve essere per colpa di quella stupida radio che mi distrae. L'altro giorno la ascoltavo e mi sembrava un film di quelli drammatici, tanta era la voglia che avevo di piangere. Hanno raccontato la storia di un ragazzo di ventidue anni ed ero proprio triste. Ho pensato ad Angel. Ho provato a raccontarlo a mio marito a cena, ma si è arrabbiato tantissimo e mi ha tirato uno schiaffo dicendomi che di politica io non me ne devo fregare, non mi riguarda. E' finito il pane.

Angel mi ha chiesto come sto. Non gli avevo dato soldi.
Mio marito non me lo chiede mai.

Stanotte ho sognato la pentola da pulire e anche quei poveracci lì, di cui parla la radio. Affogavano in mezzo al detersivo,ma io continuavo a pulire mentre mio marito rideva.

Non ho ben capito, forse oggi li hanno fatti sbarcare. E' che io di queste cose non ci capisco nulla. Non so perché li tenessero lì in mare, però so perché non li vogliono, mio marito me lo spiega di continuo. Non so, non so davvero, continuo a sognarli e mi sento sempre un po' triste. Perché in fondo, non capisco, se vengono qua un motivo forse ce l'hanno. Mi ricordo che io quando avevo ventidue anni avevo paura all'idea di buttarmi sola nel grande mondo, volevo trovare in fretta un marito, perché vivere da sola...no che non ci volevo vivere da sola. Quindi, non lo so eh, non me ne intendo, ma forse, poverini, devono soffrire proprio tanto. Uh, il pane.

Oggi Angel era un po' giù, mi ha sorriso, come al solito, ma l'ho visto che era triste. Ho deciso di preparargli una torta. Torno a casa.

Mio marito è appena tornato a casa. Hai cucinato una torta. No, perché lo dici. Sei sporca di farina e quelle teglie, dov'è, ho fame, la voglio assaggiare. Scusami, l'ho regalata. A chi. Alla vicina. Non ti credo. Perché no. Vedo quando menti, sei una fifona. Chiediglielo. Vado.

Ma la vicina non sa stare al gioco, cazzo. E torna, rosso di rabbia, mi urla, ha le orecchie tappate, mi dice che ho un amante, ma gli dico che no, che dici, era per Angel il ragazzo africano che sta sempre davanti al forno. Perché cazzo non so mentire. Te la fai con i negri e, no, no! gli dico, ma non sente più nulla e mi tira uno schiaffo e ho paura e svengo e sogno, sogno Angel nel mare insieme a tanti altri. Tutti che mi urlano, ma le voci non sono voci umane, sono come la voce della radio, proprio quella e io sono seduta su una grande pagnotta di pane galleggiante e non posso fare nulla, mio marito mi tiene ferma e io non mi oppongo e Angel mi guarda e mi chiede: come stai?

mercoledì 25 settembre 2019

4 LIBRI PER AVVICINARSI AL TEMA DEL FEMMINISMO ISLAMICO



Il Femminismo islamico è un movimento che si basa sulla rilettura del Corano, da una prospettiva femminile e che afferma l’uguaglianza di genere, proponendo la riforma di leggi ed istituzioni patriarcali in nome dell’islam. Trascendendo le categorie di Occidente ed Oriente, questo movimento è al tempo stesso locale e globale: poiché esso si è diffuso tra le donne che vivono sia nei paesi a maggioranza musulmana, sia in quelli della diaspora. Emerso tra la fine degli anni ‘80 ed inizi dei ‘90, l’effettiva portata del movimento deve prendere in considerazione le diverse realtà nazionali che si sono rese protagoniste.
I percorsi che portano all’emancipazione femminile si caratterizzano per un comune distacco dal modello universalista del femminismo occidentale, realizzandosi attraverso l’accettazione e la reinterpretazione della propria tradizione culturale.
Il femminismo islamico non si presenta però come un movimento omogeneo: una diversa critica di genere della storia e della tradizione islamica viene affrontata a seconda del contesto regionale e del posizionamento politico, dato che le femministe ritengono sia necessario fare riferimento alle condizioni delle donne in contesti nazionali specifici e alle differenze di ceto ed ambiente. In ogni caso, però, la centralità dell’islam non significa un ritorno al passato: essa è una reinvenzione individuale e collettiva che fa i conti con le esigenze della società del XXI secolo, il miglioramento della condizione femminile passa per una piena affermazione dei diritti civili, economici, politici e sociali di tutti i cittadini senza distinzioni di genere.
Il femminismo islamico si ritrova impegnato su due fronti: contrastare costumi e tradizioni misogine delle società musulmane e scardinare gli stereotipi occidentali che vedono l’islam come principale causa della subordinazione femminile. Affermano cioè la necessità di sfatare la retorica coloniale e missionaria che vede le donne musulmane come soggetti da salvare (con un atteggiamento di superiorità che implica prevaricazioni), quanto piuttosto cercare di lavorare insieme a loro, riconoscendo le responsabilità dell’Occidente nella costruzione delle ingiustizie globali. La religione in questa prospettiva va vista come strumento di liberazione e non come ostacolo all’emancipazione femminile: liberazione delle donne e riforma dell’islam sono elementi inscindibili di un processo che coinvolge donne e uomini musulmani.
Chahrazad non è marocchina, Fatima Mernissi, ed Sonda, Milano, 1993
“L’arabo soggiogato, umiliato, disprezzato, subirà una metamorfosi e diverrà persona sovrana in grado di esercitare la sua sovranità, il giorno in cui sarà allattato da una madre sovrana. E la sovranità dell’individuo passa attraverso l’accesso al sapere valorizzante”.
Con questa affermazione Fatima Mernissi ci catapulta nel nucleo centrale di questo suo lavoro, pubblicato in Italia da Edizioni Sonda  nel 1993. Chahrazad non è marocchina” è un saggio attraverso il quale la studiosa magrebina analizza il problema della scolarizzazione femminile, delle enormi difficoltà di accesso al sapere che vivono le donne del suo paese e, in generale dell’area culturale araba e di come quella stessa area geografica potrebbe avere un diverso e maggiore grado di sviluppo se solo fosse aperta alla scolarizzazione femminile. E lo fa con il suo inconfondibile stile, graffiante e irriverente, ma anche minuziosamente scientifico.
L’idea geniale cui fa ricorso la Mernissi nell’impostazione di questo suo lavoro, è quella di ricondurre l’analisi del problema alle note vicende della protagonista de “Le mille e una notte”, quella Chahrazad che notte dopo notte riesce a posticipare il suo assassinio utilizzando lo strumento della parola e dunque della sua preparazione, del suo bagaglio culturale.
Per me, signore, leggere e scrivere non sono soltanto un passatempo; è una questione di sopravvivenza e al tempo stesso un piacere proibito per secoli ai dominati, ai poveri, alle donne e ai contadini”.
La tesi espressa dalla Mernissi è che esiste un rapporto molto stretto fra le donne con il sapere e, inevitabilmente, con il potere. Quanto più le donne riescono ad accedere all’istruzione, al sapere valorizzante, tanto più si compie la loro emancipazione da una situazione familiare di sottomissione, fino ad arrivare ad una piena partecipazione alla vita pubblica della nazione.
La storia della principessa Chahrazad diventa quindi metafora della figura del sottomesso, dominato, perdente, che con la forza della parola, inanellando le parole come perle di una collana, riesce a soggiogare il proprio carnefice e a conquistare la libertà (ovvero la sopravvivenza nel caso della storia narrata ne “Le mille e una notte”). Ma come è possibile che Chahrazad, una donna, riesca in questo arduo compito? Può riuscirci perché lei è un’aristocratica che ha trascorso la sua infanzia e adolescenza a leggere, ad accumulare informazioni, nozioni, che le daranno gli elementi per inventare notte dopo notte, mille e una storia.
Secondo me – prosegue la Mernissi – il fattore chiave delle diseguaglianze di classe, quello che con maggior attenzione deve essere analizzato da coloro che riflettono seriamente su di un avvenire migliore e su una prosperità più equamente condivisa, è l’accesso delle donne al sapere e al salario”.
L’accesso delle donne al mondo dell’istruzione è un elemento chiave sia per l’evoluzione delle classi meno abbienti, con la possibilità di percepire un altro salario nel momento in cui la donna istruita o quanto meno formata riesce ad entrare nel mondo del lavoro, sia delle classi più socialmente elevate, quella borghesia che potrà vantare figli e figlie nei settori in vista della carriera professionale.
(da un articolo di Beatrice Tauro)

Fatima Mernissi, (Fès, 1940 – Rabat, 30 novembre 2015), è stata una scrittrice e sociologa marocchina. Nata a Fez, città del Marocco settentrionale durante il periodo di protettorato francese, Fatima trascorse la sua giovinezza nell’harem di famiglia appartenente alla borghesia cittadina. Completati gli studi in Marocco si trasferì prima in Francia e successivamente negli Stati Uniti dove ottenne un dottorato di ricerca in sociologia alla Brandens University nel 1974.
L’immaginazione e la fantasia diventano uno strumento di resistenza e di elusione di regole e istituzioni, nella cornice spazio-temporale e relazionale della quotidianità, attraverso la rievocazione di mondi altri e di donne. Dalle donne immaginate e evocate si passerà alle donne studiate, oggetto delle sue ricerche, a partire da quella di dottorato, condensata nel libro Beyond the Veil: Male-Female Dynamics in the Modern Society. Di ritorno dagli Stati Uniti, Fatima iniziò la sua attività accademica all’università Mohammed V di Rabat e proseguì i suoi studi e le sue ricerche nel solco tracciato. A questa prima prospettiva farà seguito un suo spostamento e ri-posizionamento all’interno di quello che viene definito femminismo islamico.

Femminismo islamico. Corano, diritti, riforme. Renata Pepicelli, Carocci ed., Roma, 2010
Il libro racconta la nascita e l’affermazione del femminismo islamico, e parallelamente descrive lo sviluppo di un crescente attivismo femminile all’interno dei movimenti islamisti. Ciò che emerge è il ritratto di un mondo musulmano variegato e in trasformazione, che smentisce molti stereotipi diffusi in Occidente.
L’opera, introdotta dalle riflessioni delle studiose Isabella Camera d’Afflitto e Margot Badran, si articola in cinque capitoli I: «Il movimento femminista nel mondo arabo tra XIX e XX secolo» II: «L’affermarsi del femminismo islamico». III: «Teologia femminista». IV: «Jihad al femminile». V: «Le islamistiche».
“Esiste un femminismo islamico, una teologia femminista islamica, una lettura coranica con occhi di donna. Queste tre affermazioni mettono a nudo tutta la nostra ignoranza sul tema “Donne e Islam” e l’assoluta adesione all’informazione mainstream, spesso pregiudiziale, che presenta in modo monolitico la complessa e differenziata realtà islamica nel mondo. Il femminismo non è una prerogativa dell’Occidente; si colgono profonde similitudini tra la ricerca delle donne e teologhe cattoliche nel reinterpretare la Bibbia e sgrossarla dalla cultura patriarcale che le ha escluse per secoli, e la fatica ermeneutica e culturale delle donne islamiche nel riappropriarsi del Corano in una chiave femminile.” (Patrizia Morgante)

Renata Pepicelli è titolare dal 2008 di un assegno di ricerca presso il dipartimento di Politica, Istituzioni e Storia della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bologna. Dottore di ricerca in “Geopolitica e culture del Mediterraneo” presso il Sum, Istituto Italiano di Scienze Umane / Università Federico II di Napoli (2008). Attualmente è cultore della materia in Storia e istituzioni dei paesi islamici presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma3 e collabora a ricerche nazionali e internazionali con l’università di Bologna, lo IAI (Istituto Affari Internazionale) e l’Istituto di studi politici San PIO V. È membro della redazione della rivista “Jura Gentium. Rivista di filosofia del diritto internazionale e della politica globale”. Ha scritto anche “Il velo nell’Islam. Storia, politica, estetica”, Roma, Carocci, 2012.

Le donne velate dell'Islam, Hinde Taarji, Essedue Edizioni, 1992
Indagine sul mondo femminile mussulmano: descrizione delle esperienze di vita sociale e religiosa di donne incontrate dall'autrice. Viaggio in Egitto, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Libano e Algeria alla ricerca dei motivi che hanno spinto tante giovani donne arabe a riaccettare il velo di cui le loro madri si erano coraggiosamente liberate. Per superare l'abusata icona pregiudiziale della donna musulmana associata al velo e alla miseria intellettuale, in altri termini alla non-modernità, questo testo permette di attualizzare lo sguardo posato sulle donne in terra di islam. Inchiesta giornalistica, con interviste, che percorre gran parte dei paesi arabi proprio per domandare alle donne il perché del loro indossare l'hijab.
Hinde Taarji, nel suo libro, ci racconta ad esempio il suo incontro con la caporedattrice di "Anaka ua hishma" (Finezza e Pudore), una vera e propria rivista di moda per muhadjdjabah (donne velate). "La funzione dell'hijab - domanda l'autrice - non è quella di permettere alla donna di muoversi con discrezione e di attenuare la sua naturale bellezza?” Risponde Kariman, la creatrice della linea e della rivista “La bellezza non è prescritta nell'Islam; è 'el fitna' che è condannabile. 'El fitna' è il turbamento provocato in un uomo dalla vista dell' "awra" della donna. L' 'awra' è tutto ciò che sveglia il suo desiderio sessuale. Il corpo femminile è considerato 'awra'. Si ritiene, per esempio, che i capelli siano elementi di 'fitna'. Ma una volta che la parte 'awra' è nascosta, niente impedisce a una donna di essere bella perché l'Islam non le chiede di diventare una monaca. Non c'è rigidità nell'Islam."
Riportiamo, sempre dal testo, parte dell'intervista fatta a Samira, una giovane donna Muhadjdjabah, ovvero velata, che aderisce al movimento islamico sciita degli ›izballah (Partito di Dio) in Libano: "All'inizio, le donne erano perplesse nei confronti dell'hijab perché temevano di sembrare delle creature timide e timorate. Invece si produce proprio l'effetto contrario. La mussulmana "multazima" [impegnata] con l'hijab si libera della paura ed è perciò più forte di quella che non lo porta. Noi siamo tutte istruite - continua con fierezza - siamo entrate all'università armate della nostra convinzione. Adesso, a differenza del passato, difendiamo con forza le nostre opinioni. Un tempo la donna non si esprimeva perché era oppressa dalla Tradizione, non dall'Islam. Il padre, con il pretesto della religione, obbligava la figlia a restare in casa. L'Islam non ha mai voluto questo. Grazie all'Islam la donna ha avuto la possibilità di scendere in strada. Sayeda Kadija, la prima moglie del Profeta, non si recava forse al mercato per trattare gli affari? Le donne evitavano l'Islam perché lo credevano responsabile della tirannia del padre, del fratello, del marito. Il giorno in cui hanno capito che invece le liberava, lo hanno accettato.”

Hinde Taarji, marocchina e mussulmana, vive a Casablanca. Giornalista e scrittrice, ha iniziato la sua carriera partecipando all'avventura di “Kalima”, emblematica rivista degli anni 80. Membro fondatore di questa rivista mensile d'avanguardia che segna il panorama dei media marocchini con il suo tono sovversivo e il suo trattamento dei tabù sociali È caporedattore fino alla fine della pubblicazione, soffocata da ripetute censure. Il suo gusto per i viaggi e le indagini sul campo l'ha portata a viaggiare in un gran numero di paesi arabi, impegnando numerosi libri su argomenti diversi come il velo, la Palestina o gli anni neri algerini. È anche interessata alla questione della migrazione, condirettore della Fondazione Hassan II per i marocchini che vivono all'estero uno "stato di immigrazione" dedicato alla diaspora marocchina all'estero. È anche regista di documentari per il canale marocchino 2M. Ed è stata, per quasi due decenni, editorialista del settimanale La Vie Eco. Dal 2008 gestisce il sito web dimablada.ma, un portale online per marocchini di tutto il mondo che ha creato per la Fondazione Banque Populaire.

Nel cuore della notte algerina, Assia Djebar, Giunti ed, Firenze, 1998
Sviluppato in due parti e sette racconti, il volume ruota attorno a figure femminili di diverse età ed estrazioni sociali. Spesso sono le protagoniste a parlare in prima persona, altre volte sono parenti e conoscenti a raccontare per loro. Direttamente o meno, ogni vicenda è legata ai fatti accaduti nei decenni fra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso in Francia e Algeria. Conflitti armati, attentati sanguinosi che coinvolgono anche civili, formazioni terroristiche e contestazione politica aprono una finestra su un periodo storico che forse, per noi italiani, non è stato ancora approfondito a sufficienza. Assia Djebar vuole fare proprio questo: offrire un ricordo di tutti quegli uomini e donne che hanno pagato la difesa di un ideale a prezzo del proprio sangue o di quello di coloro che amavano. C’è molto dolore in queste pagine, ma anche molta dignità e, nonostante ne emerga una critica verso alcuni aspetti del mondo islamico, c’è anche tanto amore per l’Algeria. Attraverso una narrazione sensuale, a tratti onirica e vicina alla fiaba, l’autrice travolge il lettore e lo immerge in odori, colori, accezioni linguistiche e religiose proprie del mondo algerino. Un folgorante affresco delle ''nuove donne d'Algeria'' nelle più recenti vicende di esilio e di eroismo, di speranza e di violenza.
Assia Djebar racconta di donne e uomini che vivono in costante pericolo, in clandestinità, in lutto, ma continuano a resistere contro le mutilazioni dei corpi e dei pensieri, contro la cancellazione delle voci presenti e passate. Una delle narratrici, ancora bambina, ha sacrificato alla guerra ciò che di più caro aveva al mondo: la madre e il padre. Cresciuta dalla zia materna, ripercorre con il viaggio e con la scrittura il “vuoto in una lingua muta” che Orano, città natale, ha lasciato in lei… anche Wardya sa bene quanto sia difficile essere donna, avere vent’anni e vedersi improvvisamente privati della libertà per non disonorare il buon nome paterno… e poi ancora Isma che vive la sua giovinezza in clandestinità, nel terrore di essere trovata e uccisa, ma che suo malgrado non riesce a sfuggire all’amore… lo sa bene anche Atika, professoressa di francese ad Algeri: appassionata di letteratura e politica, analizza con gli alunni alcuni brani tratti da Le mille e una notte e diventa lei stessa una moderna Sherazad…
Il femminismo di Assia Djebar è difficilmente classificabile e si sottrae a definizioni militanti o ideologiche. È piuttosto un impegno a distanza che mai confonde la solidarietà, la sorellanza, con l’identità. Un femminismo che non cade nella trappola dell’ergersi a portavoce delle altre; tutt’al più scrive per coloro che sono escluse dalla scrittura.

Assia Djebar: La vita di questa grande scrittrice e cineasta algerina non è scindibile dai destini del suo tormentato paese. Assia Djebar nasce nel 1936 a Cherchell, una piccola città costiera situata a circa 80 km da Algeri, da una famiglia appartenente alla piccola borghesia algerina. La madre, discendente fiera di una famiglia aristocratica berbera, trasmette alla figlia un vasto patrimonio delle tradizioni, legato alla trasmissione orale, per via genealogica femminile. E Assia, già da piccola, è ben consapevole del privilegio di cui gode rispetto alle ragazze della sua età, chiuse in casa e velate a partire dalla pubertà. Dopo gli anni del collegio in Algeria, Assia frequenta il liceo Fénélon a Parigi e sarà la prima donna algerina ammessa all’École Normale Supérieure a Sèvres. Ma le vicende del suo paese interrompono un percorso che sembrava prefigurarsi lineare: la guerra di liberazione degli algerini contro il regime coloniale francese inizia nel 1954. Assia partecipa allo sciopero generale degli studenti algerini nel 1956; a solo vent’anni pubblica il suo primo romanzo La Soif, e abbandona la Scuola prestigiosa per seguire il fidanzato, militante dell’FLN, nella clandestinità. Dopo l’Indipendenza dell’Algeria, Assia Djebar ricopre la cattedra di Storia moderna e contemporanea dell’Africa del Nord all’università di Algeri. Nei decenni successivi Assia, che si definisce “femme en marche”, donna nomade; dagli anni Sessanta fino ai primi anni Novanta, fino all’inizio della guerra civile in Algeria, Assia Djebar vive e lavora a periodi alterni fra Algeri e Parigi. A partire dal 2001, dividendosi tra Francia e Stati Uniti, insegna nel Dipartimento di studi francese dell’università di New York, abbandonando la cattedra che aveva precedentemente occupato alla Lousiana State University dal 1995. Muore il 6 febbraio 2015, a Parigi, all'età di 78 anni.


Segnalo infine un articolo interessante, un sito da consultare e una tesi di laurea sul tema, consapevole che questa scelta di libri non è assolutamente esaustiva del tema.
Il movimento femminista in Arabia Saudita
I femminismi nel Maghreb fra paradigmi e prospettive di emancipazione femminile, Chiara Nardelli
Luisa Costalbano